KELMADI'

Il mio amato doveva venire stanotte
Col suo viso simile una rosa e la sua figura simile ad un albero di cipresso .
Ma non venne. L'intera notte il sonno ha abbandonato i miei occhi.
Perduta la speranza avrei mosso qualche passo lungo la strada verso di lui
La mia anima stava per prendere il volo, ma questo volubile traditore non venne.
Privata del suo viso d'angelo ho pianto senza fine, quasi impazzita.
Chiunque mi avesse vista avrebbe pensato che io fossi folle.
Esiste qualcosa di simile ad un corteggiatore fedele?
Se esiste perché ogni suo passo non lo guida verso l' amato?
Navoi, gioisci nella dimora del tuo cuore
Perché la tristezza non scorre mai in una casa dove scorre il vino

Alisher Navoy


Yor Yor 1974

 


La lirica Kelmady del poeta sufi uzbeko Alisher Navoy (sec XV) ha dato origine ad un celebre gazhàl, una composizione musicale della tradizione classica, in cui c'è piena coerenza metrica fra testo poetico e struttura musicale.
La canzone fa parte di un lungo maqom della Ferghana, chiamato Munojot, ovvero preghiera, ma da tempo viene eseguita come brano a se stante.
L'argomento ruota intorno ai temi della nostalgia d'amore,della lontananza, dell'attesa.
Il punto di vista dominante è quello dell'io e della suo paesaggio interiore, risvegliato e sollecitato appunto dalla mancanza dell'amato.
Un tema implicitamente ambiguo,poiché può riferirsi allo stesso tempo ad un amore terreno come ad un amore mistico.
La lezione spirituale del sufismo è qui presente,rappresentata nella scala dei sentimenti e degli stati d'animo che attraversano il cuore di colei che ama.
L'esecuzione del brano è stata affidata per lo più ad interpreti femminili , una significativa conferma dell'esistenza e della accettazione di un misticismo sufi praticato da parte delle donne, in tutto il Centro Asia.